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La sentenza n. 17506/2010 della Suprema Corte rappresenta un passo significativo nell’ambito della responsabilità degli avvocati nei confronti dei propri clienti. In questa pronuncia, la Corte afferma un principio innovativo che accresce il grado di tutela garantito ai clienti danneggiati dall’operato del proprio difensore.

In sintesi, la giurisprudenza sinora aveva escluso la responsabilità dell’avvocato per errori inerenti attività giudiziali definite “discrezionali”, come le scelte interpretative delle leggi e le strategie processuali. Tuttavia, la sentenza in questione modifica questo paradigma, stabilendo che l’avvocato è tenuto a scegliere le opzioni processuali che meglio servono l’interesse concreto del cliente. Se l’avvocato opta per una procedura che danneggia invece di favorire l’interesse del cliente, questa scelta può costituire un inadempimento degli obblighi professionali e, se da ciò derivano danni al cliente (come nel caso di insolvenza del debitore nel frattempo), l’avvocato può essere tenuto al risarcimento.

Un esempio specifico citato nella sentenza riguarda la scelta tra procedura monitoria e procedura ordinaria: se la procedura monitoria è nell’interesse del cliente per ottenere un titolo esecutivo più rapidamente, l’avvocato non può decidere arbitrariamente di avviare una procedura ordinaria che ritarda questo risultato.

Questo principio, sebbene rappresenti una svolta nella giurisprudenza, implica che le decisioni dell’avvocato devono sempre considerare il massimo beneficio per il cliente, entro i limiti delle opzioni legalmente percorribili e delle interpretazioni dominanti in dottrina e giurisprudenza.

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